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Villa
Adriana
«Fece costruire con eccezionale sfarzo una villa a Tivoli ove erano
riprodotti con i loro nomi i luoghi più celebri delle province dell’impero, come il Liceo, l’Accademia, il Pritaneo, la città di Canopo, il Pecile e la valle di Tempe; e per non tralasciare proprio
nulla, vi aveva fatto raffigurare anche gli inferi. »
La Villa Adriana di Tivoli fu costruita a partire dal
117 d.C. dall'imperatore Adriano come sua residenza imperiale lontana da Roma,
ed è la più importante e complessa Villa a noi rimasta dell'antichità romana,
essendo vasta come e più di Pompei (almeno 80 ettari).
Lo studio del sistema di canalizzazione e delle
fognature sembra indicare che la progettazione del complesso sia stata
unitaria, anche se dai bolli laterizi ritrovati in circa metà degli edifici emergono
tre fasi di costruzione particolarmente attive tra il 118 e il 138
La complessità
della residenza, più che alle numerose sfaccettature della personalità di Adriano, fu dovuta alla necessità di
soddisfare esigenze e funzioni diverse (residenziali, di rappresentanza, di
servizio), oltre che all'andamento frastagliato del terreno; la magnificenza e
l'articolazione delle costruzioni rispecchiano le idee innovative
dell'imperatore in campo architettonico. Si afferma comunemente che egli volle
riprodurre nella sua villa i luoghi e i monumenti che più lo avevano colpito
durante i suoi viaggi nelle province dell'impero, sulla base di un passo del
suo biografo
In realtà gli edifici della villa presentano tutti i
caratteri più innovativi dell'architettura romana del tempo, per cui le
riproduzioni adrianee di monumenti della Grecia o dell'Egitto vanno intese
piuttosto come suggestioni evocative piuttosto che ricostruzioni reali.
La villa fu realizzata in tre fasi successive dal 121
al 137 d.C. Si tratta di una vera e propria città, estesa su di un'area di
circa 300 hm²,
nella quale il grandioso complesso si presenta diviso in quattro nuclei
diversamente caratterizzati.
Teatro Greco
Nonostante il nome, il Teatro Greco
richiama più da vicino i teatri romani e doveva essere destinato a teatro di
corte per un ristretto numero di spettatori.
Come si riscontra in altri edifici
del complesso monumentale, nella fase di progettazione si è tenuto conto della
situazione morfologica del terreno: la parte centrale della cavea è stata
realizzata scavando la collinetta di tufo, invece la parte esterna poggia su strutture
a volta, certamente usate anche come ambiente di servizio.
E’ ancora percepibile l’andamento
gradonato della cavea, distinta in due settori da un’unica scalinata centrale,
parzialmente conservata; alla sommità è un piccolo ambiente rettangolare, forse
tribuna dell'imperatore.
Ai piedi della cavea, si riconoscono
l’orchestra, ovvero lo spazio dove si disponeva il coro quando venivano
rappresentate tragedie e commedie, e il proscenio, o palco sul quale recitavano
gli attori; di forma rettangolare, quest’ultimo è conservato solo nella parte
inferiore: non sono infatti visibili i resti della frons scaenae, il
fondale fisso in muratura, solitamente a più piani e provvisto di numerose
porte e finestre, che, oltre a delimitare lo spazio dove avveniva la recita,
era utilizzato per gli effetti scenici.
Pecile
Il Pecile è un quadriportico che
delimita un giardino con grande piscina centrale. Si ispira alla Stoà Poikile
di Atene.
La parte settentrionale, di cui si
conserva l’intero muro alto m.9, era costituita da un doppio portico, dove oggi
in luogo delle colonne che sorreggevano il tetto, sono state collocate piante
di alloro tagliate a cilindro. Questa parte del portico permetteva di
passeggiare sia nella stagione invernale che estiva .
Dal Pecile si poteva accedere,
tramite scale, alla Sala dei Filosofi e al Teatro Marittimo da un lato, e
all’Edificio con Tre Esedre, al Ninfeo- Stadio e all’Edificio con Peschiera
dall’altro.
Diversamente dalla situazione
odierna, il giardino era circondato da alti muri del portico colonnato, dotato
di ampie finestre che consentivano l'affaccio sul panorama.
Cento Camerelle
La realizzazione della spianata del
Pecile fu possibile grazie alla costruzione di un poderoso sistema di muri di
sostegno di cui alcuni usati come abitazioni: le Cento Camerelle, costituite da
una serie di ambienti contigui, allineati su piani sovrapposti fino ad un
massimo di quattro.
Le stanze, caratterizzate da
identiche dimensioni, con pavimento in legno e unica apertura sul fronte, erano
accessibili da ballatoi esterni in legno raccordati da una scala in muratura.
La modestia dei rivestimenti parietali e pavimentali, l’alto numero di
ambienti, cui deve il nome l’edificio, e il fatto che essi fossero costeggiati
da una strada basolata che, inoltrandosi sotto il vestibolo con percorso
sotterraneo, dava accesso diretto agli ambienti servili delle terme, ha
permesso di ipotizzare che si trattasse degli alloggi riservati al personale
più umile che prestava servizio nella villa.
E’ possibile tuttavia che la serie
di ambienti a livello del piano stradale, sia per l’estrema accessibilità dalla
strada carrabile, che per la presenza in alcuni vani con i soffitti molto più
bassi rispetto a quelli dei piani superiori, possano essere stati utilizzati
per lo stoccaggio delle merci e dei prodotti che servivano per la gestione
della villa.
Sala dei Filosofi
Si tratta di un’imponente sala
absidata, con accesso principale da nord attraverso due colonne in antis, il
cui nome è dovuto alla presenza di sette nicchie nella parete di fondo ove si è
ipotizzato che fossero collocate le statue dei sette saggi (o della famiglia
imperiale!)
L’ambiente era interamente rivestito
di marmo, come documentano le impronte delle lastre sulla malta di allettamento
lungo le pareti e i fori per le grappe di sostegno, e probabilmente coperta da
un soffitto a cassettoni.
Alcuni ritengono che si trattasse di
una biblioteca e interpretano quindi le nicchie come scaffali per i volumina;
tuttavia la scarsa accessibilità delle rientranze sembra far propendere per
altre ipotesi.
Considerati l’ampiezza della sala, la contiguità con il Pecile da un lato e
il Teatro Marittimo dall’altro, ciascuno raggiungibile attraverso due ingressi,
appare forse più motivata l’identificazione con una sala di attesa per gli
ospiti.
Teatro Marittimo
Si tratta di uno dei monumenti più
noti e rappresentati di Villa Adriana ed è divenuto uno dei simboli
dell’unicità e della concezione innovativa dell’impianto architettonico
dell’intero complesso residenziale. L’isola era accessibile attraverso due
strutture girevoli in legno o ponti levatoi e la sensazione, ancora oggi, è
quella di trovarsi in un luogo nel quale potersi ritirare per svolgere in
tranquillità le proprie attività. L’Edificio prende il nome da un raffinato
fregio figurato in marmo con soggetto marino che ne decorava la trabeazione.
Costituito da un corpo circolare
preceduto da un pronao che immette in un portico interno di forma circolare
sorretto da colonne ioniche e coperto da volta a botte. Il colonnato si
riflette sull’acqua di un ampio canale che delimita un’isola artificiale, sulla
quale si imposta un edificio che può essere identificato come una vera e
propria domus, una sorta di residenza minore all’interno della residenza
imperiale.
Lo spazio interno, seppure ridotto e condizionato
dalla pianta circolare, è stato sfruttato in maniera ottimale per realizzare
tutti gli ambienti idonei alle esigenze dell’ imperatore: e, in effetti, ripete
lo schema tipico della domus, con atrio, tablino, cubicula,
impianto termale e, perfino, latrine, ubicate negli spazi di risulta.
Biblioteche
Sono i due edifici tradizionalmente
definiti Biblioteca Greca e Biblioteca Latina. I due edifici avevano la
facciata principale sul giardino ed erano collegate fra loro da un portico.
La Biblioteca Greca presenta tre
piani, di cui quello superiore era dotato di impianto di riscaldamento; i vani e corridoi di servizio dove erano
sistemati i praefurnia, erano collocati al piano intermedio e non aveva
nessun collegamento diretto con il livello superiore.
La Biblioteca Latina, a due piani,
di cui solo quello inferiore è al momento visitabile, presenta un’impostazione
simile a quella della Biblioteca Greca.
Entrambi gli ambienti erano
rivestiti di marmo, sia sul pavimento che sulle pareti.
I due edifici sono stati variamente
interpretati: come biblioteche, per la presenza delle nicchie, come triclini
estivi, o, più recentemente, come ingressi monumentali al Palazzo.
Terme con Heliocaminus
E’ l’edificio termale più antico
della villa, costruito a ridosso del primo nucleo abitativo , adoperato
probabilmente solo dall’imperatore e dalle persone a lui più vicine.
Deve il suo nome alla presenza dell’imponente
sala circolare con un heliocaminus, un ambiente particolarmente
riscaldato, oltre che dai raggi solari, anche da un sistema tradizionale ad
ipocausto (riscaldamento sotto il pavimento).
La sala, coperta da una cupola
cassettonata, con occhio centrale, era dotata di grandi finestre, interamente
crollate, che affacciavano sul lato
sudoccidentale, dove sono situati tutti gli ambienti riscaldati di questo
come degli altri complessi termali della villa, il cui orientamento rispecchia
fedelmente le prescrizioni dettate da Vitruvio. L’esposizione di tali ambienti
a sudovest consentiva di sfruttare al
massimo l’azione dei raggi solari nel pomeriggio, quando i Romani erano
soliti frequentare i bagni.
Alle spalle della sala è riconoscibile il frigidarium, ambiente
rettangolare aperto su una grande piscina circondata da un portico colonnato e
provvisto di una seconda vasca semicircolare, dal quale si accedeva, attraverso
una stanza riscaldata, al caldarium; nelle rientranze delle pareti di
questo ambiente, purtroppo molto danneggiato, erano ricavate le due vasche
rettangolari per i bagni caldi. L’originario rivestimento parietale e
pavimentale di tutto l’edificio in lastre di marmo, di cui si conservano alcune
tracce, e l’impiego di mosaico non decorato solo per i pavimenti dei corridoi di
servizio o della sala circolare riscaldata, conferma la pertinenza del
complesso alla zona nobile della villa.
Canopo e Serapeo
Il Canopo va interpretato come una
rappresentazione evocativa di un ambiente egizio esotico, come se fosse un
giardino sul Nilo destinato ai banchetti, infatti il termine canopo deriva dal
nome del canale egizio che congiungeva l’omonima città di Canopo - sede del
celebre tempio di Serapide - con Alessandria, sul delta del Nilo.
Il Canopo è una vasca lunga
circondata da un colonnato e affiancata da un ampio padiglione, con un’esedra
semicircolare, chiamato Serapeo perché inizialmente scambiato per un edificio
sacro dedicato a Serapide. In realtà questa costruzione era come un grande
spazio per banchetti all’aperto, arricchito da giochi d’acqua: le cascatelle, i
canali, e il mosaico di pasta vitrea sulla grande volta a ombrello dell’esedra
conferiscono al padiglione quasi l’aspetto di una fontana monumentale. Negli
ambienti interni c’era una sorta di triclinio, con un basamento in muratura di
forma semicircolare e dalla superficie inclinata, coperto anticamente da
tappeti e cuscini: gli ospiti vi si sdraiavano in occasione del convito,
rinfrescati dallo scorrere dell’acqua e allietati dalla vista della vasca
abbellita da sculture di stile ellenistico a dal soggetto egizio e greco.
Infatti, durante i lavori di
asportazione della terra che, nel corso dei secoli, aveva coperto la lunga
vasca centrale, sono state trovate delle statue di soggetto egizio, tra cui la
statua di Iside, la scultura di un coccodrillo, da cui probabilmente uscivano
zampilli d’acqua, e statue-colonna (cariatidi e telamoni) di cui adesso sono
presenti delle copie poste a decorare la piscina.
Edificio con Peschiera
L’edificio, costituito da due corpi
contigui, si sviluppa su tre livelli, collegati internamente da scale in
muratura, di cui quello intermedio, caratterizzato da ambienti più modesti e
notevolmente più bassi, con stretti corridoi, è identificabile con un piano di
servizio. La caratteristica principale della struttura è infatti quella di
avere quasi tutte le stanze del piano superiore dotate di suspensurae; e quindi
è possibile che i vani di questo livello fossero riscaldati. A questa
peculiarità si deve la denominazione di Palazzo d’inverno.
Tenuto conto della posizione
dominante dell’edificio rispetto a quelli contigui, della sua centralità
nell’ambito della villa e della ricca decorazione parietale e pavimentale in
marmo, oggi ricostruibile solo in base alle impronte nella malta di
allettamento e ai fori per le grappe di fissaggio delle lastre, è verosimile
che si tratti della residenza vera e propria dell’imperatore, utilizzabile
anche nella stagione invernale, data la possibilità di riscaldamento.
La struttura ripete negli elementi
costitutivi la tipologia di una residenza imperiale, dotata di sale di
rappresentanza e di una serie di vani minori, con peristilio e criptoportico
per passeggiare al sole o all’ombra, a seconda della stagione, nonché di un ampio
giardino.
Edificio con Tre Esedre
Si tratta di un sontuoso e
monumentale vestibolo, a servizio dell’edificio con peschiera, che era molto
probabilmente la residenza privata dell’imperatore.
Ninfeo - Stadio
Si tratta dell’area compresa tra il
Palazzo d’Inverno con Peschiera e l’Edificio a Tre Esedre, interpretato come
Stadio, unicamente in base alla pianta allungata; da qui il nome convenzionale
di Ninfeo- o Giardino-Stadio con il quale tale spazio viene designato ancora
oggi.
Il Ninfeo-Stadio aveva l’accesso
principale dall’Edificio con Tre Esedre ma era collegato con tutti gli altri
edifici circostanti anche attraverso percorsi sotterranei.
L’ala settentrionale è costituita da
un vasto giardino rettangolare porticato, sul quale si aprivano tre ambienti
dotati di una lussuosa latrina di uso imperiale; il giardino era ornato da una
lunga vasca rettangolare, fiancheggiata da due fioriere delle stesse
dimensioni, ancora oggi visibili. Seguiva un’area delimitata da pilastri, che
forse sorreggevano un pergolato. Infine, a ridosso di uno dei portici del cortile
centrale, e aperto su di esso, era un padiglione (oggi distrutto come del resto
quasi tutta la zona circostante), delimitato da muri e colonne.
Sul lato opposto c’era una grande fontana a esedra
gradonata, con nicchia centrale e cascatelle che consentivano effetti d’acqua
scenografici.
Grandi Terme
Devono la loro denominazione sia
all’ampiezza dei singoli ambienti che alla vastità di superficie occupata
rispetto agli altri impianti termali della villa.
Entrambi i complessi delle Piccole e
Grandi Terme erano collegati da un corridoio sotterraneo che permetteva
l’accesso ai praefurnia (caldaie) ed era direttamente raggiungibile dal
personale di servizio alloggiato nell’area delle Cento Camerelle.
Lungo il lato a sud-ovest si dispongono gli ambienti riscaldati, tra i quali,
immediatamente riconoscibile per la forma circolare e la copertura a calotta
con occhio centrale, nonché l’assenza di impianti idrici, la sala per la sudatio
(laconicum), che conserva ancora tutta la sua imponenza, nonostante il
crollo della porzione frontale su cui si aprivano le grandi finestre per
catturare i raggi solari. Si succedono poi a destra tepidaria (stanze
riscaldate che in alcuni casi presentano, oltre alle suspensurae sotto
il pavimento, anche le pareti costituite da tubuli o condotte di mattoni forati
per la circolazione dell’aria calda) e caldaria, o ambienti provvisti di
vasche per il bagno caldo.
La zona centrale retrostante è
occupata quasi interamente dal frigidarium, un’ampia sala rettangolare
con volta a crociera, su cui si affacciavano, ad un livello inferiore, due
ambienti accessibili per mezzo di gradini rivestiti di marmo, l'uno absidato e
l’altro rettangolare, che costituivano le piscine per il bagno freddo; entrambi
gli ingressi erano inquadrati da alte colonne di marmo cipollino con capitelli
ionici assai raffinati; la vasca absidata era abbellita originariamente da
statue, come indica la presenza di nicchie nella parete di fondo. Dal frigidarium
si poteva accedere, oltre che all’ambiente circolare per la sudatio,
anche ad un’ampia sala, ugualmente riscaldata, affacciata sul lato meridionale,
che presenta la peculiarità di un soffitto decorato da stucchi con motivi
geometrici e medaglioni figurati, di cui rimane traccia nei pennacchi angolari
della volta.
Dietro al frigidarium c’era la palestra, costituita da un ampio cortile in opus
spicatum circondato da un portico pavimentato a mosaico, oggi privo delle
colonne.
Non presentano una decorazione
sfarzosa come le altre terme della villa; questo fa supporre che questo
edificio fosse destinato al personale addetto alla villa.
Piccole Terme
Nonostante la denominazione, le
Piccole Terme rappresentano uno degli edifici più lussuosi della villa: oltre
alla varietà delle decorazioni marmoree, vi si può riconoscere una notevole
ricchezza di soluzioni architettoniche nella pianta dei diversi ambienti, nelle
volte e nella straordinaria capacità di raccordare tetti a spiovente e a cupola
in un movimentato gioco di superfici curve e piane. Nel complesso è quindi
verosimile che l’edificio fosse collegato al palazzo e frequentato direttamente
dall’imperatore.
Attualmente sono visibili solo
alcuni resti dell’antico splendore dei rivestimenti.
In comunicazione con quest’ultima, e
ugualmente riscaldata, è la sala circolare, o tholos, con copertura a
cupola emisferica e occhio centrale, destinata alla sudatio; sul
medesimo lato si allineano gli altri ambienti riscaldati, tra cui, notevole,
una grande sala dai lati brevi convessi.
Il collassamento dei
pavimenti, dovuto al cedimento delle suspensurae, ha messo in luce i condotti che permettevano
la circolazione dell’aria calda proveniente dai praefurnia, mentre la
spoliazione dei rivestimenti parietali ha consentito di individuare gli
ascendenti, o condotti verticali per
la fuoriuscita del vapore, che veniva così convogliato all’esterno
dell’edificio. Al centro del complesso è il frigidarium, con due grandi
vasche contrapposte, rivestite di lastre di marmo bianco, accessibili mediante
scale rivestite di analoghe lastre marmoree; alle spalle della sala, lungo il
lato parzialmente interrato, è da riconoscere forse la palestra, secondo uno
schema ripetuto nel contiguo complesso delle Grandi Terme.
Hospitalia
Sono edifici destinati a personale
di medio rango, al seguito della corte (ad esempio ufficiali della coorte
pretoria, sacerdoti).
Il complesso degli Hospitalia (o
Stanze per ospiti), lungo uno dei lati minori del Cortile delle Biblioteche, è
costituito da un ampio corridoio coperto da mosaico bianco con crocette nere,
su cui si apre una doppia serie di cubicola (stanze da letto), ciascuna
predisposta per tre letti. Il corridoio centrale termina in un’ampia sala con
nicchie sul fondo. La tecnica muraria adoperata è opus quasi reticulatum.
Palazzo
Rappresenta il primo nucleo della
residenza imperiale, edificato nell’area della precedente villa repubblicana,
della quale vengono riutilizzati ambienti e singole murature, talvolta ancora
riconoscibili nel tessuto strutturale dei vari edifici.
Il Palazzo, che si articola in più
settori, in un’alternanza di cortili e aree scoperte sistemate a giardino,
circondati da colonne e pilastri; lungo il lato orientale si trovava una vasta
zona verde, o Giardini Superiori.
Nella parte settentrionale c’era un
ambiente quadrangolare, aperto sul cortile a pilastri soprastante il
Criptoportico repubblicano, caratterizzato da una serie continua di piccole
nicchie rettangolari e una circolare sul muro di fondo, che è stato
identificato con una biblioteca: nelle rientranze dei muri erano collocati
originariamente gli scaffali per i volumina.
Vicino al cortile porticato c’era il
Triclinio dei Centauri, una sala absidata divisa in tre navate con il
pavimento, a mosaico, decorato con quadri figurati con vari soggetti: centauri
assaliti dalle belve, (oggi ai Musei di Berlino), divinità e maschere (pervenuti
in parte ai Musei Vaticani).
Direttamente sul lato orientale del
cortile si affacciano le cubicula.
Piazza d’Oro
Il nome moderno è di per sé
indicativo del ricchissimo arredo architettonico e scultoreo del complesso, che
proprio per questo motivo venne spogliato in maniera sistematica dei
rivestimenti e più volte scavato, a partire dal ‘500. Dal sito provengono
numerose celebri sculture in marmo ed elementi architettonici confluiti nelle
raccolte di diversi musei e collezioni estere.
L’edificio presenta un grande
giardino centrale, percorso longitudinalmente da una lunga vasca rettangolare
affiancata da una serie simmetrica di aiuole e vasche, circondato da un
grandioso portico a pilastri con semicolonne addossate in laterizio; lo spazio
coperto era suddiviso in due navate da colonne in cipollino e granito verde
alternati.
Particolarmente originale è il
vestibolo con pianta quadrilobata coperto con una cupola su base ottagonale.
La tipologia degli ambienti, la
presenza di giochi d’acqua, l’impiego esclusivo di opus sectile per
tutti i pavimenti di questo edificio, l’ampio uso di rivestimenti parietali a
lastre di marmo, deducibile dai numerosi fori per le grappe di fissaggio,
confermano l’ipotesi che questa zona della villa fosse strettamente legata alle
funzioni pubbliche del palazzo, anche se ubicata in posizione defilata.
Pretorio
Identificato un tempo come alloggio
dei pretoriani che prestavano servizio al seguito dell’imperatore, l’edificio
si compone in realtà di due corpi ben distinti tra loro.
La parte inferiore, che costituisce
la sostruzione della parte residenziale, è formata da tre piani sovrapposti di
piccoli ambienti non comunicanti, con pavimenti in legno sostenuti da mensole
in travertino, accessibili da ballatoi esterni collegati da una scala in
muratura, visibile all’estremità occidentale.
Il sistema costruttivo è del tutto
analogo a quello delle Cento Camerelle e degli altri ambienti di servizio della
villa, il che consente di ipotizzare per questo edificio una destinazione d’uso
come alloggio del personale servile ed eventualmente come magazzino per
derrate. Anche in questo caso gli ambienti avevano una funzione sostruttiva per
il corpo superiore del complesso, un padiglione decorato da lesene in laterizio
che lo connotano come zona nobile: una conferma è del resto rappresentata,
oltre che dalla posizione particolarmente elevata, allo stesso livello
dell’Edificio con Peschiera, dall’accessibilità rispetto ai vicini ambienti del
palazzo.
Tra il Pretorio e le Grandi Terme
una sequenza di ambienti con pareti affrescate a semplici fasce e specchiature,
provvisti di latrine - e pertanto interpretabili come alloggi – sono stati
recentemente attribuiti agli artigiani che lavoravano per l’ arredo della
villa: da quest’area proviene, infatti, una grande quantità di scarti di
lavorazione di marmo; nei pressi fu rinvenuto il modello di stadio in marmo
bianco collocato nei depositi.